Il mondo siamo noi due by Jen Wilde

Il mondo siamo noi due by Jen Wilde

autore:Jen Wilde [Jen Wilde]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2024-01-14T23:00:00+00:00


Capitolo dodici

«Adesso ci facciamo prendere dal panico». Frank deglutisce, pallido. «Vero?».

Parte di nuovo la musica, come se il preside stesse cercando di riportare gli studenti a un senso di normalità. E funziona. Ricominciano a ballare, pronti a fare mattina. Ma dopo quello che ho visto stasera, non c’è assolutamente niente di normale qui.

«Ma che…?», domanda Frank, guardando il suo Apple Watch. Lo schermo lampeggia e lui lo picchietta con un dito. «Cavoli. Mi si è rotto l’orologio».

«Come sei riuscito a tenerlo senza farti beccare dalle guardie?».

Frank si sistema il colletto della camicia. «Pari non è l’unica ad avere delle capacità. Quello scagnozzo era troppo impegnato a mormorare ordini nel suo antiquato walkie-talkie per accorgersi che il mio orologio era in funzione. Ma chi usa ancora quei walkie-talkie da quattro soldi? Il preside Webber può permettersi auricolari high-tech o dispositivi nanotecnologici alla James Bond e dota i suoi uomini di quei mattoni a batteria».

Gli tiro una manica. «Frank. Concentrati».

Lui si interrompe. «Scusa». Guarda l’orologio e poi alza la testa di colpo. «Ehi! Pari ha il suo telefono, giusto?».

Annuisco. «Sì. Aveva troppe storie piccanti lì dentro per consegnarlo alla porta come abbiamo fatto noi».

Lui sfiora l’orologio, poi se lo porta alla bocca. «Dove sei?». Tocca di nuovo lo schermo. «Okay. Le ho appena mandato un messaggio».

Be’, è stato facile.

Ma poi Frank tocca di nuovo lo schermo, aggrottando la fronte. «Dice che non è stato consegnato». Cerca di aprire altre applicazioni, ma non funzionano. «È strano. Di solito i blackout non colpiscono i ripetitori della telefonia mobile, vero?».

Alzo le spalle. «E io che diavolo ne so? Forse i ripetitori sono sovraccarichi perché tutti cercano di chiamarsi a vicenda a causa del blackout».

«Provo “Trova il mio iPhone”», annuncia Frank. Apre l’app e spunta il piccolo spillo rosso. Mostra che i telefoni sono all’interno dell’edificio, ma dalla parte opposta a dove ci troviamo. Lo schermo si blocca di nuovo e l’app si chiude.

Penso ai miei genitori e spero che il blackout non arrivi anche nel Queens, dall’altra parte del fiume. Saranno molto preoccupati per me. Merda. Devo recuperare il mio telefono, avvertirli che sto bene. Credono che stia dando ripetizioni nell’Upper West Side. Mia madre non può sopportare tutto questo stress. Le provocherebbe un ulteriore peggioramento del dolore cronico.

«Se riusciamo a recuperare i telefoni», dico pensando ad alta voce, «possiamo chiamare Pari e scoprire dov’è».

Frank annuisce. «Sì, ma come…?»

«Dammi il tuo orologio».

Lui inclina la testa, ma obbedisce e me lo porge. Lo prendo e lo consegno alla guardia più vicina.

«Mi scusi, signore?», dico con la voce da ragazzina indifesa. «Ho trovato questo smartwatch e so che tutti i dispositivi elettronici dovrebbero stare in cassaforte, quindi ho pensato di darglielo».

La guardia annuisce, prende l’orologio e gira i tacchi come un soldato. Io e Frank lo guardiamo farsi strada tra la folla e infilarsi in una porta anonima.

«Andiamo», dico.

Prendo Frank per mano e parto all’inseguimento della guardia. Se il mio piano funziona, ci porterà dritti ai nostri telefoni.

«Scusa se ho dovuto sacrificare il tuo orologio», faccio prima di imboccare la stessa uscita della guardia.



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